Scopri come l’Intelligenza Artificiale sta rivoluzionando la fecondazione assistita, offrendo speranza a coppie quarantenni con difficoltà di fertilità.
Una gravidanza ottenuta dopo 19 anni di tentativi, grazie a un sistema che combina imaging ad alta velocità, microfluidica e deep learning.
È la storia, pubblicata sulla rivista The Lancet, che arriva dal Columbia University Fertility Center di New York e che molti hanno già definito un “piccolo miracolo” tecnologico: in un campione seminale di un uomo di 39 anni affetto da grave azoospermia — praticamente privo di spermatozoi — l’intelligenza artificiale ha individuato gli unici due gameti vitali, consentendo poi ai medici di utilizzarli per la fecondazione assistita e ottenere una gravidanza con la partner, 37 anni.
Un caso simbolico, che mette al centro l’impatto crescente dell’IA nella medicina della riproduzione e rilancia il tema, spesso trascurato, del fattore maschile nell’infertilità di coppia, responsabile di circa il 40% dei casi secondo le principali casistiche internazionali.
Il cuore dell’innovazione è Star, acronimo di Sperm Tracking and Recovery. Il sistema integra tre componenti: un modulo di imaging ad alta velocità capace di acquisire e catturare in sequenza flussi di immagini del campione seminale; un chip microfluidico che organizza e convoglia il fluido su percorsi controllati, riducendo il rumore di fondo e migliorando la visibilità delle cellule; e un modello di rilevamento di oggetti basato su deep learning, addestrato a distinguere con precisione i rari spermatozoi vitali da detriti e cellule non funzionali.
Secondo i ricercatori, l’architettura consente di analizzare milioni di immagini all’ora, un volume che per un operatore umano sarebbe semplicemente irraggiungibile. La piattaforma di intelligenza artificiale non si limita a identificare i candidati: li “segue” nel tempo, valutandone motilità, integrità e pattern di movimento, caratteristiche cruciali per selezionare i gameti più idonei alla successiva iniezione intracitoplasmatica (ICSI), la tecnica che introduce direttamente lo spermatozoo all’interno dell’ovocita.
Nel caso descritto su The Lancet, l’uomo presentava una forma severa di azoospermia: nei campioni esaminati non venivano rilevati spermatozoi al microscopio. La coppia, quasi quarantenne, aveva alle spalle un percorso doloroso e costoso: 11 cicli di stimolazione ovarica e ripetuti tentativi falliti, anche a causa dell’impossibilità di utilizzare gameti del partner.
Con Star, il team è riuscito a scovare, in mezzo a milioni di fotogrammi, due spermatozoi vitali e a recuperarli con una precisione micrometrica. Questi due “ago nel pagliaio” sono stati impiegati per l’ICSI, portando a una gravidanza clinica.
La differenza rispetto all’approccio tradizionale sta nella scala e nell’oggettività. Oggi gli embriologi selezionano gli spermatozoi migliori osservando il campione al microscopio: un processo fine e altamente specializzato, ma inevitabilmente limitato dal tempo e dalla fatica visiva, soprattutto quando i gameti sono rarissimi.
L’automazione guidata dall’IA amplia la finestra di osservazione e rende sistematica la valutazione di parametri che a occhio nudo possono sfuggire.
Sul piano pratico, l’integrazione di Star in un laboratorio di procreazione medicalmente assistita richiede formazione degli embriologi, validazione dei protocolli, standard di qualità e tracciabilità dei dati. La tecnologia non sostituisce la competenza umana: piuttosto estende la capacità di rilevare segnali deboli e di operare dove la biologia impone margini strettissimi.
Strumenti di questo tipo comportano investimenti in hardware di imaging, microfluidica e potenza di calcolo; la loro diffusione dipenderà da costi, licenze e dal ritorno clinico dimostrato. In Italia, dove la domanda di PMA è elevata e la componente di infertilità maschile è spesso sottostimata, sistemi capaci di valorizzare anche pochi gameti vitali potrebbero avere un impatto significativo, soprattutto nei casi in cui si tenta di evitare procedure invasive di prelievo testicolare. Resta il terreno, non secondario, delle regole: la cornice normativa e le linee guida dovranno accompagnare l’arrivo di dispositivi che introducono elementi di intelligenza artificiale nel percorso diagnostico-terapeutico, con requisiti chiari su consenso informato, gestione dei dati e supervisione clinica.
Tra promessa e realtà, la vicenda della coppia quasi quarantenne di New York mostra come l’IA possa agire dove la mano umana, da sola, non basta: vedere l’invisibile, ordinare l’enorme, stanare le eccezioni.
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